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L’ANATRA CHE SALTÒ CON UNA ZAMPA SOLA


 

 

Certo di strada ne avevano fatta. Tanta, davvero tanta, dalle lande del nord al calore del sud. Come un’unica ala, percorrendo il vento, perdendosi e ritrovandosi, attimo dopo attimo, ora dopo ora, giorno dopo giorno, quanti giorni. Non li contavano più. Prima le aride pianure, poi in alto sulle montagne e il mare, giù sino alla costa lontana.

 

Quante amiche e quanti amici a cercarsi con gli occhi o a puntarsi col becco. Il colpo d’ala sincrono, secco e veloce o con gesto ampio e lento planare.

E che felicità al primo albero raggiunto. Cibo, ombra, oasi, sostegno e quiete.

 

L’Anatra osservò intorno come a cercare un luogo tra i ricordi, un angolo già visto e vissuto l’anno prima o l’altro ancora ma nulla riusciva a muovere la memoria. L’erba, gli arbusti, gli alberi tutti a digradare verso le rocce e gli anfratti. Ma non ricordava nulla di già guardato nel suo vissuto e allora non restava altro che andare e scoprire quel che di nuovo si mostrava ai suoi occhi. Si ricomincia e il cercare e lo scoprire il non ancora scrutato sia piacevole meraviglia. Pensò che la conoscenza è meglio di un forziere colmo di semi. L’esplorazione dell’ignoto ha a che fare con l’alba, dal buio alla luce, dal non sapere al sapere. La fine dell’ombra. Non ricordava più chi glielo aveva insegnato ma quel qualcuno la sapeva lunga.

 

Cauta e con mossa attenta cominciò il nuovo percorso, prima da sola poi piano piano anche le compagne.

 

Una nuova bacca, un nuovo verme, un nuovo qualcosaltro. Buono pure quello.

 

Sassi e terra, piante, radure. In volo lineare o interrotto, di qua e di là, come a costruire al momento il mondo che vivrà oggi, la realtà dell’attimo che poi, forse, fugge ma adesso è questo e null’altro.

Un salto, un volo. Giù per terra. Come a passeggiare per viali o scalare montagne. Un bivio, questa o quella strada. La scelta del momento. La vita di quell’istante.

 

Camminava. Una buca celata, uno sterpo traditore, un rifiuto degli uomini, un artiglio assassino.

 

Ahi. Ahi. La zampa. Un dolore atroce. Si fermò smarrita a trovare lo sguardo delle compagne. Andate, troppo veloci. Lontane.

 

Un balzo, tentativo fallito. In volo, manca la spinta. La decisione non poteva essere che quella di proseguire. Saltando su una zampa sola. Goffa e bella come tutti gli esseri viventi che feriti nel corpo ricostruiscono la vita attorno a loro.

 

Avanti avanti, sino a nuova luce e ancora un altro metro, ancora spazio. Nel vedere quel nuovo intorno pensò che quel primo passo giù dall’albero era stato il più importante. Senza la mossa iniziale tutto sarebbe rimasto fermo all’ieri. Sarebbe stato un peccato.

 

A mano a mano che la distanza dal punto iniziale aumentava aveva l’impressione che qualcosa crescesse dentro di lei. Ma non era ancora sazia. La fame di conoscenza non conosce diete e rinunce. In qualunque posto ti trovi, ovunque, il territorio ti offre ricchezza d’esperienze. E già, la conoscenza è consapevolezza di se stessi.

 

Un verso, tanti versi. Le compagne. Di là, oltre il torrente, le vedeva.

Tentò un salto e poi un altro ancora. Nulla da fare.

 

Un grillo. Guarda come salta. Buono da mangiare e buono da osservare. Eccolo, considerò, anche lui ferito come me e salta. Si ferma, raccoglie le energie, le scarica in un colpo solo e poi in volo. Rivediamo. Si può fare.

 

Questa volta non ti mangio, questa volta ti rispetto amico o amica mia con una zampa sola.

 

A volte non ci ricordiamo che è da quelli che appaiono diversi da noi che impariamo di più. Frequentare solo quelli che hanno le penne del nostro colore è sicuramente rassicurante ma dopo un po’ nessuno t’insegna più niente. Anche l’essere belli, o il solo pensare di esserlo, tra altri belli col tempo appanna anche lo splendore più evidente. Che noia.

 

Ecco, riprovò con nuova tecnica. Ferma, raccolta in se stessa, guardò l’obiettivo con nuova vista. Gli uomini dalla pelle rossa dicono che la distanza non è un problema. Gli esseri viventi fanno parte della natura stessa e la natura ti è sempre vicina.

 

Pensò e in un attimo, come fulmine senza rombo, tutto su una zampa sola, l’altra adesso non ci può aiutare, il salto in alto o in avanti. Non importa, il torrente passava sotto di lei. Come sospesa nel vento, immobile dopo lo sforzo, la natura le correva incontro e la sponda opposta.

 

Non si può dire che l’atterraggio fosse stato dei più eleganti, ma adesso stava di là, tra le sue compagne e subito a dar notizia di quello che aveva imparato.

 

Poi la zampa guarì e via in volo. Di nuovo.

 

Questa è la storia dell’anatra che saltò con una zampa sola.

 

 

 

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